N. 11/2023 – Autonomia differenziata regionale: un’analisi a livello comunale dei divari in Puglia per istruzione e reddito secondo la classificazione delle Aree Interne
Con l’Instant Report n. 11 l’ARTI propone alcuni strumenti analitici per fornire un contributo tecnico al dibattito sul disegno di legge sull’autonomia differenziata, il cui prerequisito è la preliminare definizione dei cosiddetti LEP, i livelli essenziali delle prestazioni che vanno erogate ad ogni cittadino su tutto il territorio nazionale in modo che sia garantita uguaglianza sostanziale. La chiave di lettura originale del report si basa sulla classificazione dei comuni pugliesi in centri e aree interne dettata dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), pur nella consapevolezza che in tema di autonomia differenziata quel che rileva è il livello delle prestazioni, mentre per le aree interne l’accessibilità dei servizi in termini di tempi di percorrenza. Lo studio evidenzia inoltre quali siano le differenze riscontrabili nei diversi comuni pugliesi in due ambiti specifici: istruzione e reddito.
Nella metodologia della SNAI, infatti, i comuni vengono denominati Poli o Poli intercomunali (aggregazione di comuni adiacenti/confinanti) se sono in grado di offrire congiuntamente servizi come ospedali; offerta scolastica secondaria superiore; una stazione ferroviaria. Gli altri comuni vengono riclassificati a seconda della distanza da questi misurata non astrattamente ma come tempo medio effettivo di percorrenza stradale (si parla quindi di Cintura, Intermedi, Periferici, Ultraperiferici).
Cosa accade in Puglia nella classificazione dei comuni secondo la Mappa delle Aree Interne? Se in Italia solo poco più di un quinto della popolazione vive in comuni con limitato accesso ai servizi essenziali (22,7%), nelle regioni del Mezzogiorno questa percentuale supera il 36% della popolazione e il dato della Puglia è in linea (36,6%): questo significa che più di un terzo dei cittadini pugliesi vive potenziali disagi per poter accedere a servizi sanitari ed educativi, a causa anche di un limitato accesso a servizi di mobilità. Questo perché i comuni pugliesi si concentrano in due specifiche fasce, tra loro contigue: Cintura (con quasi il 38%) e Intermedio (con il 35%). Da qui emerge che oltre 1,4 milioni di pugliesi vive ad una distanza media di almeno mezz’ora da servizi considerati essenziali.
Esiste inoltre un altro fattore importante: il decremento demografico che si fa sempre più marcato passando dai comuni Polo a quelli Periferici, per poi attestarsi su valori più prossimi allo zero nei sei comuni Ultraperiferici (tutti situati in provincia di Foggia).
Con l’analisi del titolo di studio posseduto dalla popolazione nei diversi comuni della Regione, nell’Instant Report ARTI ha cercato di catturare il divario cosiddetto “in uscita”. Se si considera la quota di popolazione in possesso di un titolo di studio secondario o terziario, l’analisi mostra una situazione relativamente peggiore per i comuni più distanti dai Poli. Sulla disoccupazione giovanile, vi è un andamento via via più favorevole passando dai Comuni Polo a quelli Intermedi. La situazione diviene più critica, soprattutto nel caso dei comuni Ultraperiferici, dove si arriva a valori prossimi al 60%.
Legato a questo indicatore c’è anche quello della povertà. Infatti, considerando la quota di contribuenti IRPEF con reddito inferiore ai 10 mila euro, si registra un andamento più critico man mano che si considerano comuni distanti dai Poli.
Quello che emerge dall’Instant Report n.11 di ARTI è quindi l’evidenza statistica delle differenze significative tra i comuni appartenenti alle diverse tipologie (Poli, Cintura, Intermedi, Periferici e Ultraperiferici) e quindi a seconda della distanza dai servizi essenziali.
In conclusione, i comuni periferici mostrano effettivamente maggiori divari e, di conseguenza, maggiori disagi rispetto a quelli maggiormente dotati di servizi. La riclassificazione dei comuni pugliesi a seconda dei valori assunti dagli indicatori selezionati di istruzione e reddito ha mostrato che vi sono differenze significative persino all’interno di una stessa regione; quindi, l’obiettivo di raggiungere prestazioni identiche per tutti i cittadini italiani sembra un risultato lontano da raggiungere, almeno con queste premesse.
L’auspicio che ne deriva è che vi sia un forte coinvolgimento delle Regioni nella fissazione dei LEP e che i vari territori vengano considerati nelle loro criticità e punti di vulnerabilità con un ampio ricorso ad informazioni e dati posti alla base delle scelte pubbliche, mediante criteri adeguati che tengano conto delle specificità interne.