Si tratta di uno degli strumenti elaborati nell’ambito dell’Accordo tra Consiglio Regionale della Puglia – Sezione Studio e Supporto alla Legislazione e alle Politiche di Garanzia e ARTI, che ha l’obiettivo di fornire spunti di adeguamento della legge regionale n. 23/2007 “Promozione e riconoscimento dei distretti produttivi”.
La presente SWOT mette in evidenza le caratteristiche del sistema produttivo pugliese desunte dall’analisi della politica distrettuale regionale, in termini di punti di forza (Strengths), punti di debolezza (Weaknesses), opportunità (Opportunities) e minacce (Threats).
Nell’analisi sono confluite fonti informative di carattere sia quantitativo sia qualitativo, quali:
- interviste ai principali stakeholder regionali (15 distretti produttivi, 5 distretti tecnologici, 5 enti pubblici di ricerca, 3 aggregazioni pubblico-private, 3 associazioni di categoria e sindacali, 2 opinion leader e una struttura regionale);
- analisi sul sistema produttivo regionale condotte da diverse Istituzioni (Commissione Europea, ISTAT, Banca d’Italia, Unioncamere);
- studi realizzati da ARTI e informazioni acquisite attraverso la rete dei centri di competenza e gli altri contatti della Sezione Studi del Consiglio Regionale.
Una particolare attenzione è stata riservata alle sfide congiunturali legate agli effetti della pandemia da COVID-19 ed alla transizione inclusiva, verde e digitale.
Clicca sul singolo riquadro della SWOT per scoprire i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce.
Scarica il pdf integrale della SWOT, completo di nota metodologica e note.
PUNTI DI FORZA
Caratteristiche strutturali del sistema produttivo pugliese, cultura imprenditoriale e visione di filiera
In Puglia risultano attive oltre 250 mila imprese, pari a circa il 6% delle imprese attive italiane (2019), con un tasso di sopravvivenza leggermente superiore al dato italiano.
Alcuni comparti produttivi pugliesi dimostrano di avere una maggiore “consapevolezza di settore”. Questa è desumibile, ad esempio, da una più spiccata propensione alle collaborazioni a cui si associa un maggior grado di attività degli stessi distretti. Inoltre, in alcuni casi si assiste alla realizzazione di studi di settore ed altre attività finalizzate alla raccolta di dati ed informazioni per monitorare le dimensioni del sistema, valutarne gli andamenti tecnici e tecnologici e fornire indicazioni utili allo sviluppo del comparto, a testimonianza di una visione prospettica e programmatica del settore.
Performance economiche e grado di apertura internazionale
In epoca pre-COVID l’economia regionale, seppure lontana dai livelli precedenti la crisi finanziaria del 2007-2009, aveva fatto registrare buone performance dal 2014 al 2019 (il PIL regionale era cresciuto del 3.6%), grazie ai buoni risultati della maggior parte dei settori produttivi.
Questo aveva permesso all’economia regionale di risollevarsi, in parte, dal periodo di recessione affrontato negli anni 2007-2013 (-10,4% del PIL, valori concatenati con anno di riferimento 2015) per via della crisi economica globale. Anche i dati relativi al numero di imprese attive e numero di addetti confermano questo andamento positivo. Tali risultanze denotano una buona capacità di reazione complessiva del sistema economico pugliese, come confermata dal dato che la contrazione del PIL registrata nel 2020 a seguito dell’emergenza pandemica sia stata inferiore in Puglia (-8.3%) rispetto alla ripartizione Sud (-8,6%) e alla media nazionale (-8.9%).
Competitività del sistema
Alcuni comparti manifatturieri regionali (in particolare quelli afferenti agli “Altri mezzi di trasporto” composto da nautica, ferroviario ed aerospazio) hanno fatto registrare performance migliori, in termini di localizzazione e competitività di costo, rispetto al dato nazionale. Ciò ha influito positivamente anche sul grado si specializzazione delle esportazioni. Anche il settore della farmaceutica risulta competitivo e con esportazioni superiori alla media nazionale.
Condizioni economiche e finanziarie delle imprese
Le condizioni economiche dell’industria e dei servizi pugliesi sono migliorate: nel 2019, il saldo tra la quota di aziende in utile e quelle in perdita è cresciuto di un punto percentuale rispetto all’anno precedente ed i positivi risultati reddituali delle imprese hanno sospinto l’accumulo di liquidità disponibile. Ciò è stato accompagnato da una sostanziale stabilità dei margini disponibili sulle linee di credito a breve.
Inoltre, la maggior parte delle imprese pugliesi segnala una stabilità delle proprie esigenze di credito. Alcuni comparti (come la meccatronica e quello delle costruzioni) hanno fatto registrare un sensibile aumento della fiducia.
Nel 2020, invece, il credito alle imprese è stato sostenuto dalle misure straordinarie adottate dall’Eurosistema, dal Governo e dalle autorità di vigilanza (a cui nei mesi estivi si sono aggiunti gli interventi disposti dalla Regione a sostegno del capitale circolante delle PMI); dal lato della domanda ha inciso soprattutto l’accresciuto fabbisogno di liquidità derivante dalla sospensione delle attività.
Competenze e formazione
Alcuni settori produttivi (e.g., agricolo, lapideo, edilizio) sono ancora caratterizzati dalla presenza di maestranze che operano con tecniche tradizionali e di rispetto per l’ambiente. Tali professionalità acquisiscono oggi rinnovato valore in termini di sostenibilità ambientale, circolarità delle filiere e qualità del lavoro.
La maggior parte dei settori produttivi pugliesi sono stati attivi nel promuovere, a diverso livello, attività di formazione.
Tali iniziative sono state declinate dai distretti con modalità differenti: collaborazione con gli EPR del territorio; coinvolgimento nelle attività di formazione terziaria professionalizzante; partecipazione a bandi regionali ed europei sul tema della formazione; organizzazione di corsi di formazione e partecipazione a workshop e seminari di settore sul tema.
Il ruolo degli EPR nei distretti
Gli Enti Pubblici di Ricerca ricoprono un ruolo rilevante per lo sviluppo della competitività del territorio. Per molti intervistati, in diversi settori produttivi la contaminazione tra il sistema della ricerca e quello produttivo è fondamentale per avviare processi innovativi di processo, prodotto, organizzativi, di marketing con un orientamento di lungo periodo. In questo senso, i distretti sono considerati come luoghi ideali nei quali tali sinergie possono sorgere e svilupparsi.
Investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione
Gli ultimi dati vedono la Puglia come un attrattore di investimenti privati per la R&S delle imprese: nel 2017, le esportazioni di R&S da parte delle imprese residenti in Puglia verso imprese in altre regioni sono stati pari a circa 7 milioni di euro, mentre le importazioni hanno raggiunto il valore di quasi 125 milioni di euro. La spesa delle imprese pugliesi in R&S è in costante crescita e, nel 2019, ha superato il 45% sul totale delle spese complessive in R&S in regione. Inoltre, nel periodo 2016-2021, si è assistito ad una rapida e considerevole crescita di PMI innovative (passate da 17 a 109) e di start-up innovative (passate da 230 a 638). Difatti, la Puglia, rispetto alle regioni europee sue “pari” (in termini di PIL pro-capite) dimostra di avere un vantaggio comparato in termini di pervasività dell’innovazione del sistema produttivo (numero di PMI innovative, fatturato derivante da innovazioni, innovazioni di tipo strategico).
Raccordo del sistema produttivo regionale con le reti europee
Otto aggregazioni pugliesi (cinque distretti tecnologici, due aggregazioni pubblico-private ed un distretto produttivo) sono identificate nella mappatura ufficiale della Direzione Generale per il mercato interno, l’industria, l’imprenditoria e le PMI (DG GROW) della Commissione Europea, in quanto enti partecipanti a programmi a gestione diretta o ad iniziative rivolte ai cluster.
Alcuni distretti produttivi hanno inoltre partecipato ad altre categorie di bandi competitivi a livello comunitario.
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PUNTI DI DEBOLEZZA
Caratteristiche strutturali del sistema produttivo pugliese, cultura imprenditoriale e visione di filiera
L’imprenditoria pugliese è caratterizzata prevalentemente da microimprese e PMI, facendo registrare una media di 3 addetti per impresa (2019), sebbene in alcuni settori (soprattutto del secondario e del terziario) si osservi una lenta ma graduale evoluzione verso forme societarie più solide e strutturate. La ridotta dimensione delle imprese in termini di addetti è un fattore che, in alcuni casi, limita lo sviluppo di una più solida cultura manageriale di una parte del sistema produttivo pugliese e può compromettere la capacità di operare come sistemi di filiera, di efficientare il trasferimento di materie, la logistica, le azioni di sistema, la valorizzazione della sostenibilità e dell’approccio circolare.
Inoltre, specie in alcuni settori, vi è una certa diffusione della produzione in conto terzi, la quale ha contribuito ad assumere un più basso rischio d’impresa e a non investire particolarmente in innovazioni immateriali (misurate, ad esempio, in termini di registrazione di marchi). Infine, resta basso il coinvolgimento di donne e giovani nel sistema imprenditoriale regionale.
Performance economiche e grado di apertura internazionale
Le esportazioni, dopo il valore massimo registrato nel 2012 (8,87 miliardi di euro), si sono stabilizzate su valori inferiori fino al 2018, per poi far rilevare un nuovo picco positivo nel 2019 (8,97 miliardi di euro), per poi registrare un nuovo calo nell’anno dell’emergenza pandemica (8,2 miliardi di euro).
Il grado di apertura internazionale della Puglia (dato dal rapporto tra l’incidenza percentuale dell’interscambio regionale ed il prodotto interno lordo) nel 2019 fa registrare un valore pari al 24,8%, in crescita rispetto al biennio precedente, ma considerevolmente al di sotto del valore nazionale pari al 50,5% registrato nello stesso anno. Per via delle severe conseguenze economiche dovute alla pandemia da COVID-19, il trend in crescita osservato per il PIL negli ultimi anni rischia, come si prevedeva, non è stato confermato: se nel 2019 il PIL pugliese è risultato pari a 72,5 miliardi di euro, nel 2020 è calato sino a 66,5 miliardi.
Competitività del sistema
La maggior parte dei settori manifatturieri pugliesi, soprattutto nei comparti tradizionali, non ha fatto registrare specializzazione in termini di localizzazione, competitività ed esportazioni misurata negli anni 2008, 2012 e 2016 rispetto al dato nazionale (Tessile; Legno; Carta; Stampa; Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi; Prodotti in metallo; Computer, elettronica, ottica, elettromedicale, apparecchi di misurazione; Apparecchiature elettriche; Macchinari ed apparecchiature; Altre industrie manifatturiere).
In generale, i dati forniti dal Regional Competitiveness Index della Commissione Europea confermano un deterioramento della competitività della Puglia e del “sistema Italia” rispetto agli altri paesi europei.
Competenze e formazione
In diversi settori produttivi pugliesi vi sono difficoltà nel reperire alcune figure professionali. In alcuni casi si tratta di manodopera specializzata, in altri è la complessità nel reperire competenze tecniche “di concetto” che rischia di pregiudicare lo sviluppo di attività innovative. Tali difficoltà si riscontrano anche nell’ambito delle competenze tradizionali, laddove la limitata disponibilità di percorsi di apprendimento per i giovani sta comportando l’estinzione di professionalità storiche necessarie in particolar modo alla transizione “verde”. Inoltre, vi è una crescente e non soddisfatta richiesta della professionalità di esperti in marketing con forti capacità di “narrazione” e rappresentazione dei valori e potenzialità territoriali.
Non tutti i settori produttivi pugliesi si sono dimostrati sufficientemente reattivi nell’intercettare le opportunità offerte sul territorio nel campo della formazione professionale e dell’aggiornamento continuo delle competenze.
Il ruolo degli EPR nei distretti
Non in tutti i settori produttivi vi è una cooperazione di tipo sistemico tra EPR e imprese.
Investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione
I dati relativi alle immobilizzazioni immateriali ed agli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese pugliesi sono modesti se comparati al dato nazionale. Tale tendenza è particolarmente accentuata nei settori tradizionali. A causa della crisi economica e sanitaria in atto, questi investimenti, che per loro natura sono altamente rischiosi, potranno subire delle contrazioni.
Raccordo del sistema produttivo regionale con le reti europee
La maggior parte delle aggregazioni pugliesi non risultano censite nella mappatura della Commissione.
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OPPORTUNITÀ
Cluster policy a livello comunitario e nazionale
Negli ultimi anni la Commissione Europea ha rilanciato il ruolo dei cluster, riconoscendone la rilevanza in quanto aggregazioni in grado di stimolare lo sviluppo economico e la competitività dei territori. Pertanto, numerose iniziative sono state lanciate al fine di rafforzare l’efficacia delle cluster policy, migliorare management e governance e favorire la cooperazione tra cluster. Inoltre, numerose analisi e studi sui cluster sono stati effettuati negli scorsi anni dallo European Observatory for Cluster and Industrial Change. Tali iniziative sono ora raggruppate e promosse attraverso la European Cluster Collaboration Platform, la piattaforma web che rappresenta il principale canale divulgativo della Commissione Europea in tema di cluster.
Distretti del cibo e “Distretti della Xylella” ministeriali
La Legge n. 205 del 27 dicembre 2017 ha istituito i Distretti del cibo ed ha previsto il finanziamento di “contratti di distretto per i territori danneggiati dal batterio” (i c.d. “Distretti della Xylella”). I primi hanno l’obiettivo di rafforzare le filiere del settore agroalimentare e salvaguardare le specificità dei territori, mentre i contratti di distretto della Xylella finanziano programmi di rigenerazione agricola nelle aree colpite dal batterio. A questo scopo il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha stanziato complessivamente oltre 30 milioni di euro. La Giunta Regionale della Regione Puglia ha concesso il primo riconoscimento a sei Distretti del Cibo in data 21 aprile 2020, mentre il Distretto interregionale Agroecologico delle Murge e del Bradano ha ottenuto il riconoscimento definitivo in data 2 luglio 2020.
Legge Regionale n. 23 “Promozione e riconoscimento dei Distretti Produttivi”
Generalmente, la L.R. n. 23 è ritenuta uno strumento normativo valido ed ancora attuale da parte degli stakeholder regionali. L’istituzione dei distretti ha consentito di far emergere una “coscienza di settore industriale” tra le imprese che operano in queste organizzazioni, contribuendo a diminuire la frammentazione e la diffidenza, e ad avviare processi virtuosi di collaborazione ed aggregazione. In questo senso, il distretto è considerato come una sovrastruttura con grandi potenzialità per lo sviluppo economico regionale.
Con la Deliberazione di Giunta Regionale n. 380 del 19 marzo 2020 «L.R. 23/2007 “Promozione e riconoscimento dei Distretti Produttivi” – Linee guida per l’attuazione», vengono definiti e chiariti ulteriormente i compiti del Nucleo Tecnico di Valutazione per i Distretti Produttivi, stabiliti i parametri secondo i quali più distretti possono insistere sullo stesso territorio e/o nello stesso settore e, più in generale, specificate le modalità di valutazione e riconoscimento dei distretti produttivi.
Programmazione regionale
Secondo quanto riportato da alcuni intervistati, la programmazione regionale ha sostenuto i livelli occupazionali del sistema, contribuendo a limitare le ripercussioni economiche e sociali della crisi economica 2007-2008.
Pandemia COVID-19
Per contrastare gli effetti economici della pandemia, la Commissione Europea ha mobilitato già a partire dall’aprile 2020 8 miliardi di euro per supportare l’accesso al credito delle PMI europee.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Governo Italiano che ha una dotazione complessiva di 191,5 miliardi di euro (approvato a seguito dell’adozione da parte del Consiglio Europeo del fondo Next Generation EU) ha l’obiettivo di sostenere le economie europee colpite dalla crisi da COVID-19.
La European Cluster Collaboration Platform ha istituito il “COVID-19 Response Forum”, una piattaforma dedicata ai cluster e alle imprese all’interno della quale vengono promosse opportunità di finanziamento.
La Commissione Europea, attraverso il “Coronavirus Investment Initiative” e il “Coronavirus Investment Initiative Plus” consentirà agli stati membri di utilizzare con maggiore flessibilità i fondi di coesione (37 miliardi di euro in totale), al fine di contenere le conseguenze sanitarie, economiche e sociali della pandemia.
Il DL 18/2020 (“decreto cura Italia”) ed il DL 23/2020 (“decreto liquidità”) hanno contribuito ad accrescere il livello di prestiti concessi alle imprese nel primo trimestre del 2020.
Alcuni settori ed attività hanno accresciuto il loro volume d’affari durante il lockdown; su tutti il commercio online, la distribuzione alimentare moderna, prodotti farmaceutici ed apparecchiature medicali.
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MINACCE
Cluster policy a livello comunitario e nazionale
Il basso grado di indirizzo a livello nazionale e l’autonomia legislativa delle regioni hanno determinato in Italia l’implementazione di politiche distrettuali non uniformi, istituendo modelli di cluster e distretti non perfettamente omogenei tra le varie regioni italiane. La conseguente varietà di aggregazioni con ruoli e funzioni analoghi rischia di creare sovrapposizioni di competenze e non agevola le scelte strategiche degli imprenditori. Tale scenario rende particolarmente difficile l’applicazione dei meccanismi di monitoraggio dei cluster e delle cluster policy che sono stati sollecitati a livello Europeo dalla Direzione Generale per il mercato interno, l’industria, l’imprenditoria e le PMI (DG GROW) della Commissione Europea attraverso varie pubblicazioni.
Distretti del cibo e “Distretti della Xylella” ministeriali
La proliferazione di iniziative distrettuali simili promosse ai vari livelli (nazionale e regionale), e sostenute da finanziamenti, può portare a varie criticità, tra cui estrema parcellizzazione, frammentazione e sovrapposizione, compromettendo traiettorie di sviluppo stabili e di lungo periodo.
A livello normativo è richiesta una legislazione flessibile che consenta una razionalizzazione “tassonomica” delle definizioni attraverso un progressivo aggiornamento del glossario delle aggregazioni di imprese, e tra imprese ed altri soggetti, che ne riporti criteri istitutivi e caratteristiche.
La condizione ossimorica di frammentazione delle aggregazioni in partenariati, network, ecosistemi, distretti di diversa tipologia, cluster, ecc. ha necessità di essere ricomposta in un percorso di funzionalizzazione ad una complessiva strategia di sviluppo regionale, definita secondo un modello ad eliche (tripla, quadrupla, quintupla), che miri a rafforzare i rapporti tra le diverse componenti per superare la frammentazione del tessuto produttivo e le barriere che ne ostacolano lo sviluppo.
Legge Regionale n. 23 “Promozione e riconoscimento dei Distretti Produttivi”
Il mutato contesto socio-economico ed ambientale, a tutti i livelli dal locale al globale, richiede l’adeguamento dell’impianto normativo specie negli aspetti attuativi e negli strumenti per favorire il superamento dei punti di debolezza che limitano, in alcuni settori, la propensione o la capacità di aggregazione.
Il concetto di “distretto” è valido ma va meglio declinato secondo orientamenti strategici basati sui paradigmi della circolarità e della sostenibilità.
Programmazione regionale
La programmazione regionale con i suoi strumenti attuativi a supporto dei settori produttivi dovrebbe poter rispondere maggiormente ai mutamenti di contesto garantendo, attraverso anche sistemi di monitoraggio, uno sviluppo coerente con le direttive di lungo periodo.
Non sono stati ancora sviluppati strumenti che rafforzino gli elementi di resilienza intrinseca ai comparti economici.
Le interazioni tra Regione Puglia e distretti
Le relazioni tra la Regione e i distretti non sono istituzionalizzate, ossia non prevedono periodici momenti di confronto e processi formalizzati per veicolare istanze al decisore pubblico e questo non garantisce un’interlocuzione costante e strutturata nel tempo. Ciò limita le potenzialità che i distretti potrebbero esprimere rappresentando una sintesi dei fabbisogni dei settori produttivi ai quali afferiscono e contribuendo alla definizione e all’attuazione delle politiche di sviluppo regionali.
Percorsi di istruzione e formazione regionali
Alcuni percorsi di studio sono ritenuti da parte degli intervistati non del tutto aderenti rispetto alle capacità di assorbimento occupazionale del tessuto produttivo regionale.
Inoltre, nei curricula universitari andrebbero maggiormente fornite agli studenti anche competenze che stimolano la propensione all’imprenditorialità.
Più in generale, sarebbero necessari ulteriori sforzi volti ad implementare e migliorare i percorsi di formazione professionalizzante ad ogni livello (alternanza scuola-lavoro, corsi di aggiornamento, formazione terziaria professionalizzante).
Il grado di coinvolgimento delle imprese negli stessi non sempre è ancora pienamente soddisfacente.
Valorizzazione dei risultati della ricerca
L’attuale normativa nazionale relativa alla gestione dei risultati della ricerca creerebbe delle distorsioni, limitando il pieno dispiegamento dell’efficacia delle attività di trasferimento tecnologico. Infatti, i ricercatori non sempre sono incentivati a brevettare le soluzioni tecnologiche, in quanto ciò comporta la perdita della possibilità di divulgare i risultati mediante le pubblicazioni, le quali, a loro volta, costituiscono il principale indicatore su cui è valutata la loro carriera. Inoltre, quando la ricerca è finanziata attraverso risorse pubbliche, nel momento in cui si passa alla fase di industrializzazione di quei risultati si incorre nei vincoli posti dalla normativa sugli aiuti di stato.
Pandemia COVID-19
A partire da marzo 2020, per via delle misure di distanziamento sociale e della sospensione delle attività economiche non essenziali, l’economia pugliese ha accusato pesanti ripercussioni. Infatti la quota di valore aggiunto dei settori industriali “sospesi” in Puglia è pari al 47%. Se si considera il ricorso al lavoro agile che ha dato la possibilità a molti lavoratori di continuare a prestare la propria attività durante il lockdown, gli effetti negativi sul valore aggiunto si riducono tuttavia al 39,7%. In generale, l’industria pugliese ha subito un repentino deterioramento in termini di ordini interni ed esterni, produzione, liquidità e occupazione.
Secondo alcune delle proiezioni disponibili, il picco della crisi dovrebbe essere raggiunto solo tra il 2022 e la prima metà del 2023, mentre per assistere ad un rientro dei parametri nei livelli pre-crisi, bisognerà attendere il 2025. Secondo i dati rilevati al 30 giugno 2020, i settori produttivi maggiormente esposti sono stati quelli del turismo, del commercio e dei servizi alle imprese.
Più in generale, i dati indicano che le imprese meglio strutturate hanno subito meno ripercussioni rispetto alle microimprese. Tuttavia, le reali conseguenze della pandemia sono ancora difficili da prevedere e bisognerà valutare l’efficacia degli interventi pubblici che sono stati messi in campo per mitigare gli effetti del lockdown.
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